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tanti emigrati di ritorno erano un costo da addebitare alla mobilità occupa- zionale.

Ovunque l’accusa di incapacità a reinserirsi nella vita prevista per la donna dalle tradizioni gravava sull’emigrata nubile come una condanna nel mer- cato matrimoniale, salvo essere ridimensionata da una realtà che proponeva l’emigrazione femminile quale normale destino per la depauperata popolazione locale; non ultimo, migrare per molte donne significava l’unica possibilità per farsi l’indispensabile dote nuziale. Né l’opinione pubblica era più benevola con le non poche madri di famiglia costrette a migrare. In una tale cornice, la eventuale malattia acquisita in emigrazione rappresentava concretamente la colpa di coloro che avevano osato trasgredire le inespresse regole della tradizione, che non consentiva alla donna di deviare dal ruolo attribuitole per antica consuetudine. La condanna era tanto più forte in un ambiente dove il mantenimento dello status quo significava l’opposizione ai destabilizzanti influssi esterni importati dai migranti di ritorno, che il mondo rurale percepiva essere pericolosi per la sua stessa sopravvivenza, perché l’attrazione che essi esercitavano sui paesani prefigurava il sovvertimento del collaudato sistema di consuetudini che reggeva la comunità. Di fatto, nello specifico della mobilità femminile, era la paura per il mutamento di quei valori che nei secoli avevano impedito l’emancipazione della donna, la parte più fragile della comunità, ma a fine Ottocento questi valori erano divenuti obsoleti persino nei tempi lunghi della montagna.


III

La storia di genere è anche considerazione critica di un mito, è anche elaborazione dei mutamenti paradigmatici di quell’etica che convergeva sull’opportunistico interesse economico del mondo declinato al maschile e sul quale si sono intrecciati ormai molti studi; proporre una riflessione sulla svalorizzazione dell’emigrata di ritorno attraverso le supposte «patologie sociali» in funzione - in ultima istanza - della difesa di un mondo antico, potrebbe apparire ininfluente a fronte del lavoro femminile esterno alla famiglia affermatosi quale mezzo di emancipazione per la donna.[33] Su questo sfondo s’inserisce, però, una controversa tesi di John Stuart Mill che mi sembra proponga un ulteriore livello di analisi in proposito: «L’esperienza ci insegna che ciascun passo nella via del progresso fu invariabilmente accompagnato dall’elevazione di un grado

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Histoire des Alpes - Storia delle Alpi - Geschichte der Alpen 2009/14