Èl sgner Pirein/Lo spirito

Èl sgner Pirein/  (1920) 
by Antonio Fiacchi
Èl sgner Pirein

LO SPIRITO edit

Non si creddino micca che ci vogli parlare di quello spirito che vende il signor Musi[1] ed arti affini, chè sarebbe un argomento che al svapurarè sùbit o che intontirebbe in modo, da sentirsi poi a dir: «duro!» dai piccoli gentilvomini delle scuvole comunali.

Questo è spirito che si lasia a quelli che vogliono conservare gli sbagli della natura, il quale si dice poi: «la fe un mòster, un maestro, e i l'han mess int un vas alla Specola, puvrein, al fa pora! A sfid, andò a vedere la lanterna magica, che c'erano delle figure spaventose e lo fece tal quale!».

Se non fosse perchè non voglio che dicchino che ho il vizio d'andar fuori dal seminario, comme fanno quelli che non vogliono farsi preti, ci direi degli studi che ho fati sull'influenza delle impressioni esteriori sulla costruzione del vomo entro le visere materne, ma ne parleremo un'altra volta e accosì acquistando tempo, non se ne parla mai più.

Lo spirito che mi intendo io, ed è una grande fortuna, perchè quando una cossa la capise quello che la dice, può andar superbo nel pensiero che non morirà incompreso, come favano le erovine dei romanzi di una volta, estinte dalla languideza o anegate nelle lagrime esteriche delle lettrici che si sostentavano con el mnestreini d'ov e la tazteina ed brod..., con la prèisa dèl pèver per incalorire lo stomaghino sonechioso e imbazurlito per mancanza di lavoro, sicuro, lo spirito in questione, sebbèin che endson degga nient, è quello che ogni vomo ha in sè steso, non per la conomia vitale, che allòura as dirè l'anma, ma quello che adeso, dopo il _Fanfulla_, il _Don Chisiotte_ e gli altri sfogli umoristici, tutti voliono usare.

Uno dice un'insolenza e quell'altro se la prende, ridendo come un mato, e questo è un vomo di spirito, com'è di spirito colui la quale chiedendovi cinque lire in prestito non ve le restituvise più.

E lo strano è che chi volesse far la storia di questo spirito che qui, atraverso i secoli si vedrebe che una cossa adeso spiritosa, in altri tempi non lo era o viceversa, se si vuvole cominciare dall'altra parte.

Adeso duve amici s'incontrano e subito: «Addio stupido, imbecile, cretino!» e ciò non di rado accompagnato da qualche pugno nella schiena.

Questa specie di saluto, diciamo, alla rovescia, fa sì che il candidato crede di esere tutto l'oposto, ciovè: spiritoso, svegliato, inteligente e, meso su questa falsa via, finise per persuadersene e quel ch'è pegio, se ne persuvadono anche gli altri, ed ecco per lo meno un Consiliere Comunale, non senza nutrir speme d'arivare a Montecitorio.

Una volta si salutava diversamente o con èl _Salve, Salvete, Salvetote vos!_ oppure retrocedendo ancora: _Ave Maria gratia plena!_ E le nostre buvone genti del contado: «Ch' at ciappa un azzidèint! pust arrabir!... ch'at vegna èl mal zittòn, l'è veint ann che an s' vdeven, boia d'un Pirètt!!» e buon per il visitatore se an j arriva una sbadilà int la scheina.

Ma scusino bene: la Lucrezia, micca mia moglie, poveretta, incapace di far male a una mosca, fosse pure di Milano, mo la Lucrezia, quella di Golatino che preferisce la cortelata alla macchia del disonore, ci pare una donna di spirito? La vitta bisogna guardarla nelle suve linee generali e non col dettaglio di dire marito e moglie, che sarebbero i posti numerati, nel grande spettacolo della umanità, ma vomo e dona presi colletivamente colla loro misione moltiplicativa senza incaselamento enagrafico, lasciati in platea a chi tocca tocca, com è i pondg e i burdigon, e questo si chiama avere dello spirito evitando il delitto della cortelata sudeta, mentre poi puvò darsi benissimo che interpelato il proprietario, avese preferito, diciamo il lapsus... pasegero, alla perdita definitiva di quel bel pezzo di compagna della suva assistenza. Ma non si capise che se non cè la colpa manca il mezzo per la generosità del perdono? E la dolcezza delle lagrime di pentimento, quando strangussand e detergendosi le nari, si mormora: An èl farò mai più!

E non erano poveri di spirito quelli che andavano a fare la lotta collo _Stiancone_ e dicevano: «Ciao Cesare, i muratori ti salutano?!» e questo per ricordargli di fare la bandiga a quelli che avevano costruvito il Goloseo?

Lo spirito moderno invezi insegna di conservare l'esistenza nella lusinga che nella vitta tutta intelettovale che oggi si vive, posa scaturire una qualche buvona edea, comme la logismografia; far èl vein sèinza ù e i portafoi di pelle di coccodrillo che si mettono a piangere doppo che hanno divorato i boni da mille!

L'unica esclamazione che nell'epoca attovale si puvò paragonare al saluto dei lottatori romani l'è èl mùtel ch' fan el bisti buveini in via per il macello, che sembra che capischino la non lontana smazzolata.

Ed eccoci arrivati allo spirito di nuster vicc, uno spirito castigato com è un ragazzol cattiv, ancora aranzinato par la pora dèl Sant Ufezzi, e osequente delle Chiavi con la relativa manara, lontano quindi anche da ogni ilusione politica o scolacciata.

E accosì la bestemmia... pensata, si convertiva sul labro in una graziosa materiolina:

— Per d...is e dû dòds!

— Sangv ed la M...arscota!

— Per din dirin dòlla!

— Vat fa f...rezzer!

— Ch'at vegna trî trî e quèlla ed còpp.

Augurio questo finamente ironico, pensato, forse in qualche salotto aristocratico, da un poco fortunato giocator di tresette.

Ma dovve lo spirito degli avoli era più acuto, si da far pensare al sarcasta signor di Voltère, era nella frase graziosa, sallace, esilarante...

Per esempio, volendo accennare di andare a casa:

— A vad a casalècc!

O parlando d'un bevitore:

— L'è dla bevrara!

Arrivando:

— A sòn que...nds e ùn sèds!

Cadendo un oggetto:

— Al s'afèirma per tèrra!

Detto questo, che racchiude la scienza di Nevton, colla arguzia di Budelario:

— A vad a teater a casa Bianchetti; per indicare che si va a letto e via di questo passo, mentre gli astanti non conoscendo nulla di meglio, i rideven a crepa pelle, com fa el scarp ed pèll lùstra se si piglia la zuccata.

Che cossa è l'umorismo?

— Le ghittole dell'intelligenza... e tersuà a lòur sgnòuri.


Dal _Bologna che dorme_, 1º giugno 1899.

  1. Notissimo liquorista.