da Canti popolari istriani


18.


I' ve saloùdo vui, doùti de casa,
Padre e la madre, e quanti che vui siete.
La bostra fetlgia è la meta inamurata,
In casa vostra vui ve la teuite.
Se la xì biela, tignivela in casa,
Che xì una man de quisti zuvenuoti,
Si nu' ghe la dariti per murusa,
La pilgiariti per dileta spusa:
Si nu' ghe la dariti per cunsuorte,
La pilgiarò per su' magiur dilièto.

Yar. r. 1, La bona sira a vui douti de casa,

verso che annoda il canto all'antecedente, sicché i
due si fondono in uno. Dopo il v, Q** sogliono anche-
succedersi i due seguenti:

E muolta zento che va vela d'aturno,
Ciu che nu v'intraviegna qualche scuorno.

Man (lat. manus), drappello.

Variante toscana, edita dal Tigri a p. 95:

Siamo venuti a far la 'nserenata.
Solamente per dare a voi piacere:
Ci avete una ragazza innamorata,
Sotto la vostra cura la tenete.
Se per caso si fosse addormentata.
Da parte del suo ben la sveglierete.
Ditele ch'è passato il suo amatore
Che dì e notte la tiene nel core;
Ditele che è passato il suo servente
Che dì e notte la tien nella mente.

V. anche per altre varianti toscane le serenate 15
e 16, pubbl. dal Tommaseo, voi. I p. 120.

Variante siciliana edita dal Vigo, a pag. 189:

Vinni a cantari 'ntra 'sti lunghi strati,
Di notti e notti e vui non mi sentiti ;
Porti e finestre, ca siti firmati,
Salutatimi a cui dintra tiniti;



-> 14 •<^

E la matina quannu vi livati,
S'a la me' bedda spiari sintiti,
Dicitici ca fu, non vi affruntati,
Ddu sschiavu eh* avi stritu a la sorriti.

V. anche le serenate marchigiane 2, 10 e 34 nel
voi. IV di q. Race, a pag. 120, 121 e 127.