Cappiddazzu paga tuttu/Personaggi

PERSONAGGI

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DON NZULU VENTURA

50 anni; grigio; capelli piuttosto folti e lunghi; tutto raso; volto stanco, da malato; occhio vivacissimo; movimenti e gesti rapidi; tradisce di tanto in tanto come degli improvvisi arresti al cuore e al respiro. Veste alla buona. Parla, ora con umiltà, ora con bonaria indulgenza o fine arguzia, ma pure a tempo e a luogo, sa levarsi su tutti all'improvviso con grande e generosa fierezza, da dominatore.

DONNA PRÀZZITA CANNALONGA

sua cugina; 55 anni; donnone atticciato, dalla faccia rinfichita, gialliccia, itterica fin nelle labbra smorte. Affetta un fare e un parlare mellifluo, sotto al quale traspare acre e in continuo fermento il veleno accumulato in tanti anni di sterili aspirazioni e di voglie insoddisfatte. Veste con decoro e ricercatezza, ma all'antica, con sul capo una «spagnoletta» di merletto nero; mezzi guanti di seta, e lenti con lunga catenina d'oro.

TIDDA SPINA

cugina di entrambi; 38 anni; simpaticissima, sanguigna, di una avvenenza non del tutto ancora svanita; occhi grandi, vivaci, provocanti; carattere buono per natura, ma ribelle, impulsivo, sempre pronto all'aggressione, fino ad apparire da forsennata, quantunque in principio faccia di tutto per dimostrarsi mansueto e accomodante. Veste abiti di taglio semplice, ma di colori accesi; porta anch'essa la spagnoletta, ma di merletto bianco; e calza con gusto, scarpette di coppale, con tacchetti alti su calzette rosse, fiammanti: ha nell'aria e nel vestire un che della sivigliana.

RACHILINA NISCEMI

nipote di donna Pràzzita; 20 anni; figurina esile, bionda, occhi languidi, colorito roseo, denti e unghie curatissimi, pettinatura bizzarra, con fiocchi e pettinesse; aria sentimentale, facile alla commozione; leggiadra; si lascia per natura indurre a innamorarsi di questo e di quello, ma senza malizia e un po' sospirosamente. Veste di chiaro, all'ultima moda, con cappellino a fiori.

DON LIDDU BELLÈ

24 anni; giovanotto elegantissimo, squisitamente curato nei modi e nel vestire, con un che di femminile non affettato, e senza scapito di una certa maschile fierezza che sa usare all'occasione, come di chi nel pieno vigore della salute e nella spensierata indipendenza dei mezzi, sa di non dovere temer di niente e di nessuno.

DON NITTU SCAVU

28 anni; magro, pallido, stremenzito; senza mezzi e senza risorse, con nascosti eroici sacrifizii, simula una eleganza ridicola, che tradisce pur non di meno la miseria.

DON IACU NACA

39 anni; robusto, spavaldo, spocchioso, parla con voce rotonda e gesto teatrale da maffioso; è però in fondo pauroso e calcolatore, sorretto solo da una grande improntitudine, pronta a calar le vele a ogni minaccia d'uragano. Veste con pacchiana eleganza, sovraccarico d'anelli e di ciondoli.

DON GASPARINU SÒLIMA

40 anni; magro; bilioso, nervosissimo e quindi irrequieto; gestisce e parla a scatti e a schizzi, tartagliando; ombroso, diffidente; diventa minaccioso e pericoloso appena si sente preso di fronte; veste compostamente, con sobria eleganza, da persona agiata.

BRASI NASCA

servo di don Nzulu; 40 anni; tozzo, semplicione, con faccia da scemo, e sguardo spento, che però s'illumina di tanto in tanto di sorniona e furbesca malizia; veste goffamente, e si muove con ondeggiamenti da pachiderma.

DON SCIAVERIU

sarto di provincia; 45 anni.

DONNA RUSULINA

sua moglie; 42 anni.


LE MASCHERE

CAPPIDDAZZU PAGA TUTTU

enorme cappello a cupola dalle amplissime tesi rigide con nappe e fiocchi penduli, tutto nero; ampia cappa di seta nera, con largo bavero e lunghi fiocchi come sopra: maniche a sbuffi fermi nel polso con risvolti bianchi, smerlettati; la cappa è lunga fin sotto i ginocchi; calzoni alla francese, larghi alla coscia e stretti al tallone, con tasche davanti; panciotto di velluto nero alla marescialla; ampio colletto inamidato a svolti sul bavero della cappa e cravattone a svolazzo anch'esso nero, di crespo di Cina; scarpe a gondola di camoscio nero; borsa di seta a maglia, con bocca d'argento ad anello a molla, capace e rigonfia, pendente sotto il panciotto.

LA VECCHIA DI L'ACITU

abito di lana color tabacco di Spagna, tutto a smerli, guarniti di gallone nero, lustro, con guardinfante; pellegrina di panno viola sulle spalle; parrucca grigiastra; occhiali a staffa; mezzi guanti, e un fiasco capace, tutto pancia, dal collo a fungo, strettissimo: vi si legge in mezzo, a grossi caratteri neri: «Acitu».

LA ZÌ VITTULA

abito, anch'esso con guardinfante, a liste trasversali rosse e bianche, le rosse il doppio più larghe delle bianche, senza gale, e tutto pendulo di code di gatto; parrucca nera; bottoni a occhi di gatto; fermagli a zampe unghiute; le braccia nude fino al gomito, e guanti bianchi fino al polso.

DONNA TINNINA

parrucca biondo-dorata, a lunghi boccoli; abito anch'esso a guardinfante, tutto a sbuffi, a gale, a trine, aereo, vaporoso; scarpine di seta dello stesso colore, e calze rosee; guanti di seta bianchi, lunghi fino al gomito; ventaglio di merletto; astuccio con fialette di sali, d'argento; una sciarpa di finissimo velo rosa sulle spalle.

DON NINNARU

giacca cortissima, attillata, di panno nero, di poco più lunga davanti, con gli orli gallonati di seta; grande fiore all'occhiello; fazzoletto di finissima batista, per metà fuori della tasca; calzoni chiari a tubo, larghi, a quadretti bianchi e neri, con larga banda nera; panciotto corto di velluto rosso-granato, a doppio petto e con larghi risvolti; camicia con merletti, allo sparato e ai polsi; cravatta nera a farfalla e colletto alto ad ali; mazzetta di ebano con pomo di avorio; scarpe alla francese, con tacchi alti, e tuba di media altezza con falde rigide.

DON SUCASIMULA

farsetto lustro, sorcigno, stretto alla vita, stretto e corto di maniche e molto accollato, con miserrimo bavero; panciotto di seta color nocciola che appare appena a due punte sotto il farsetto abbottonato; calzoni bianco-latte alla cavallerizza; mezze scarpe di coppale, un po' scorticate e ghette color nocciola; tuba alta a cono con falde tese strettissime; guanti d'un bianco-sporco, filettati di nero; colletto altissimo e cravattina nera, piccolissima; bastoncino di canna spagnuola con testina di cane; occhialetto (_monocolo_) cerchiato e con sostesto di finto oro, appeso ad una catenina anch'essa d'oro falso, fissato al bavero; fiore all'occhiello.

PEPPI NNAPPA

calzoni strettissimi al ginocchio, che finiscono a campana, così ampia da nascondere quasi il piede; giacca larga e corta ampiamente scollata con largo bavero; il tutto di velluto olivigno; fazzoletto di seta rosso, fuori della tasca; cravatta svolazzante; colletto rivoltato alla marinaia, e camicia di flanella chiara, con taschino sulla sinistra; il panciotto è sostituito da una larga fascia rossa a frangia, sotto la quale s'intravede il calcio di una grossa pistola; berretto a barca con code, pettinatore a fiaccagote, e coppie di fiammiferi di legno insellati nell'orecchio destro; enorme canna d'India, con manico di corno.

DON COLA MECCIU

parrucca di capelli neri, lunghi, a istrice; finanziera stretta alla vita e lunghissima, con calzoni alla francese, il tutto di stoffa color acciaio, disegnata a scaglie; colletto altissimo, dritto; cravatta a punte, all'insù; cappello a staio, sempre in una mano insieme con un ampio fazzoletto di seta gialla, nell'altra mano un ombrello verde, scarpe a punta con tacchi altissimi.

GIUFÀ

calzoni aderentissimi fino al ginocchio, di fustagno turchino; amplissima giacca della stessa stoffa, con capacissime tasche imbottite, lunga fin quasi ai ginocchi; camiciona di tela grossolana, spettorata, calzettone di lana nera rivoltate alle ginocchia; zoccoli; berrettino tondo, senza falda e con nappa in cima; porta un sacco di tela d'Olanda, colmo e ricoperto di frasche; cammina con le gambe larghe.

Avvertenza: Per quanto gli autori abbiano segnate tutte le battute delle singole scene più concertate, non che quelle intercalate dagli spettatori alla commediola del terzo atto, per la maggiore evidenza ed efficacia della rappresentazione, si affidano agli interpreti di questa commedia, ove occorra, fondano insieme queste battute, o altre ne aggiungano, con parsimonia e buon senso, laddove la scena sembri per avventura languire o il cambiamento del vestiario sia causa di non preveduti indugi.