Ore di città/35
Il re del deserto a Porta Lodovica
editDormiva!
Sono andato a trovarlo verso le quattro del pomeriggio che già cadeva la sera. Riposava. Gli ero di faccia, avevo l'ombrello aperto e lo guardavo dormire con la gran testa china e con le zampe fulve fuori dalle sbarre della gabbia.
Altri due leoni in un piccolo spazio di un'altra gabbia si avvolgevano angosciosamente... Un quarto, più in là, sbadigliava stracco forse del viaggio, forse annoiato, oppresso dal cambiamento di cibo. Che gli avevano dato stamane? Sette chili di polpa famiglia? Ci sono altre belve in giro? Nessuna! Incontro invece due graziosi bambinetti che se ne vanno tenendosi abbracciati. Li tengo d'occhio un po'; salgono una scaletta ed entrano nel carrozzone numero 65.
Melanconia immensa di queste carrozze bianche e celesti fra pozzanghera e pozzanghera! Languore del circo prima dello spettacolo! Una ragazza discinta si lava a una tinozza. Ballerà sulla corda stasera? Dove sono i toni a quest'ora? Arrivano in una città sconosciuta, si accampano con le loro mobili casette dove l'abitato muore ai margini della campagna ed è autunno e piove... Come faranno a ridere dopo? Ma forse nessun toni ha mai riso?...
Vorrei vedere qualcosa di più in attesa del «Galà» notturno ma non so a chi rivolgermi. Torno sui miei passi e all'ingresso interpello una specie di imponente guardaportone: ma di chi devo chiedere? Beh... Vada per il Direttore! Ma il gigante gallonato non sa l'italiano.
«Herr Direktor, bitte...!»
Il direttore!! Il guardaportone allibisce. Chi è questo piccolo uomo coi piedi nella mota che vorrebbe parlare con Herr Direktor? Poi fa un gesto largo e vago come a dire che non è qui, che è lontano, inaccessibile, che è inutile pensare a lui. Me ne vado umiliato e torno a casa. Fra le mura di cinta sbrecciate, ma ancora in piedi dell'edificio del gas demolito da tempo, al centro della nomade carovana appare il cono alto del circo. Una frotta di ragazzi del rione lo contempla in estasi! La folla! La folla! La gente accorre in massa, là dove il circo pianta le sue tende. La sua vita sa di tanti paesi, di migrazioni, di avventure. Nel cuore dell'uomo c'è sempre riposto il desiderio d'andare, di lasciare i luoghi conosciuti per altre terre e invidia il destino di questi nomadi!
Qui non è come a teatro che arrivano svogliati e in ritardo. Alle 9 sono già tutti ai loro posti. Osservo il pubblico. Non mancano i vecchietti; scorgo persino un pensionato della Cassa di Risparmio, un collega di mio padre, vivo ancora! Lo vedo là con la sua faccetta contenta in attesa del ruggito dei leoni!
Vengono! Un brivido corre da panca a panca. La gente paga per averlo.
In piccolo - sapete - molto in piccolo, ma sento che si va formando l'atmosfera affocata degli spettacoli gladiatorii orrendi e magnifici! Che cosa cerca la folla? Qualcosa che la desti dal suo torpore, che la richiami alle origini remote. In ognuno il subcosciente si leva e ricorda...
Anche il fortore ferino le piace. Ripugna e attrae; è una droga.
Tutto poi si spegne lentamente. I leoni ruggiscono un po', fanno le boccacce ma finiscono con l'accovacciarsi sui loro sgabelli. Il pubblico applaude.
Sono manse veramente queste buone belve, quando il loro turno è finito le vedi sgattaiolare leste leste per il corridoietto verso le loro gabbie. Che cos'è la libertà per esse? Dove potrebbero vivere libere ormai? Il mondo è tutto abitato, è tutto civile, non vedono che gabbie.
Fra numero e numero i toni caprioleggiano e si dan calci. Il subcosciente d'ognuno è tornato al buio. Coi toni davanti l'umanità è allo specchio e ride, ride sgangheratamente!
Gli elefanti che vengono appresso sono bestie dignitose; si prestano agli esercizi con buona grazia scevra da servilismi. Li preferisco alle così dette belve. Pur ridotti così in triste servaggio e girando in tondo tenendosi l'un l'altro con le proboscidi le code, intuisco in loro un carattere. Mi accorgo però che incontrano poco.
Ho visto poi splendidi cavalli da parata e agilissimi cavallerizzi e acrobati volanti, spiriti dell'aria! Ma a un così ricco circo manca la grazia dell'elemento femminile. Le amazzoni dove sono?
Il finalone è una specie di pantomima di sapore piuttosto arcaico per quanto di argomento modernissimo. La caccia al nemico pubblico dall'Equatore al Polo è un pezzo di varietà che dà ragione ai nemici di questi «numeri». Non so perché, ma il varietà quando varca le Alpi diventa una cosa banale, si provincializza, mentre all'estero e soprattutto oltre Oceano è uno dei più eletti godimenti degli occhi. Dove mai il circo Busch è andato a prendere la massa delle sue ballerine? Chi ha composto le danze? Lo spettacolo si è chiuso fra le cascatelle multicolori e i ghiacci della banchisa e mi ha lasciato un senso di freddo non soltanto termometrico.