Capitale sociale, fiducia e informazioni: la costruzione del «network»
La dimensione sociale e culturale, che sempre permea le transazioni economiche determinandone il grado di efficienza, ha indotto diversi studiosi ad approfondire il rapporto tra fiducia e affari. Se per fiducia si intende «l’aspettativa, che nasce all’interno di una comunità, di un comportamento prevedibile, corretto e cooperativo, basato su norme comunemente condivise, da parte dei suoi membri»[16] - dove per comunità può intendersi la famiglia o un gruppo molto più vasto, ad esempio una rete di corrispondenti - è evidente come l’aspetto fiduciario costituisca una componente essenziale sia nei rapporti societari,[17] sia nelle comuni transazioni di mercato.
All’interno di una compagine societaria, un certo grado di fiducia consente di ridurre i «costi di agenzia», ossia gli oneri legati a una situazione di asimmetria informativa tra principale e agente, e al rischio dell’adozione di comportamenti opportunistici da parte di quest’ultimo, intendendo per agente il soggetto incaricato di agire a nome e nell’interesse del principale. Da questo punto di vista, le relazioni famigliari consentirebbero, secondo alcuni, di ridurre i costi di agenzia, incentivando i soggetti incaricati ad agire nell’interesse della ditta comune, e facilitandone il monitoraggio. La fedeltà verso la famiglia e l’impegno a contribuire al successo a lungo termine dell’ impresa, al cui valore si lega la ricchezza personale dei singoli, scoraggerebbero i comportamenti opportunistici. D’altro canto i titolari potrebbero anche dimostrarsi eccessivamente generosi nei confronti dei famigliari, rivelandosi poco propensi a monitorarne il comportamento ota sanzionare coloro che non adempissero agli impegni, mentre la garanzia di un impiego sicuro potrebbe incentivare comportamenti di free riding.[18]
Un’altra modalità con cui i Salvadori affrontarono i problemi di agenzia fu la stipulazione di relazioni contrattuali esplicite e formalizzate, in cui si stabilivano i limiti all’autonomia decisionale del direttore, i libri contabili da tenere per consentire il monitoraggio della gestione e le modalità di risoluzione delle controversie, solitamente sottoposte all’arbitrato di persone di fiducia. Ricorrendo alla formula della compagnia, i Salvadori entrarono in affari con persone estranee alla famiglia, agendo solitamente in veste di «capitalisti» e lasciando che il socio apportasse le proprie competenze tecniche o direttive. I rischi impliciti nel rapporto principale-agente venivano ridotti riconoscendo al responsabile della direzione una compartecipazione agli utili, e quindi allineando gli interessi dell’agente con quelli del principale.