Nel tardo Seicento, vennero costituite compagnie per la concia del cuoio, la produzione di sapone, il commercio di acquavite e lo sfruttamento minerario. In particolare, la compagnia stipulata con un mercante di provenienza veronese consentì ai Salvadori di acquisire il «segreto» della produzione del tabacco da fiuto, mentre nella prima metà del Settecento i Salvadori entrarono in società con due ex-dipendenti, che grazie al loro contributo finanziario assunsero la direzione di una propria impresa - rispettivamente un negozio di tabacco a Trento e una bottega di «pannine» a Pergine - condividendone risultati e rischi. Ma la compagnia più longeva fu quella istituita, nel 1731, per la gestione del negozio di Pergine dei Salvadori, che vide il coinvolgimento di un ex-agente e, inizialmente, di un altro mercante, e si protrasse per un cinquantennio. In seguito, i contratti di compagnia rifletterono la crescente specializzazione dell’impresa nel comparto serico: dal 1745 al 1760, i Salvadori aderirono a una società promossa dal magistrato consolare di Trento per incentivare lo sviluppo della filatura serica e, a fine secolo, costituirono una compagnia per la gestione della filanda di Trento, affidandone la direzione a un socio. Se l’instaurazione di un rapporto di fiducia, a livello famigliare o societario, era funzionale alla gestione di una serie di attività e quindi allo sfruttamento delle opportunità di profitto che potevano presentarsi, lo sviluppo degli affari doveva essere necessariamente supportato anche dall’inserimento in un’ampia rete di corrispondenti, dove il grado di fiducia cresceva proporzionalmente alla durata del rapporto. In questo contesto, la fiducia favoriva gli scambi e rendeva possibili operazioni che altrimenti non sarebbero state eseguite, in quanto riduceva i costi di transazione, ovvero i costi di raccolta delle informazioni, di negoziazione e di esecuzione dei contratti.[19]
La costruzione del network da parte della ditta Salvadori avvenne attraverso un processo cumulativo, stimolato dalla partecipazione al commercio di transito e dalla conseguente instaurazione di stretti rapporti con le maggiori case di commercio e spedizione di Bolzano e Verona, ma anche dalla frequentazione delle fiere bolzanine e dal collocamento oltralpe dei prodotti dell’impresa, in particolare tabacco e seta. Le fiere di Bolzano favorirono i contatti con mercanti italiani, tedeschi, svizzeri e austriaci, che in occasione dei quattro appuntamenti annuali avevano modo di incontrarsi, raccogliere informazioni, effettuare e ricevere pagamenti, stipulare accordi commerciali, concludere negoziazioni cambiarie, dare o prendere a prestito denaro mediante depositi di fiera.[20] Un’autonoma autorità giurisdizionale, il Magistrato mercantile, aveva il compito di supervisionare l’attività fieristica, curare gli interessi