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Fig. 2: Manifesto per la raccolta di fondi in favore dei rimpatriati. Annuncio pubblicato sul Corriere del Ticino, 12 maggio 1943. Fonte. Archivio di Stato del Canton Ticino, Bellinzona.



laddove gli svizzeri che non avevano congiunti in patria e non avevano la possibilità di sostentarsi furono internati per poi approfittare dell’aiuto della «Zentralstelle für Rückwandererhilfe».

Il caso dei rimpatriati svizzeri dall’Italia presenta dunque dei rimpatriati volontari, che approfittarono della possibilità di tornare in patria per rifugiarsi dalla crisi economica e dai bombardamenti, e dei rimpatriati «forzati» poiché discriminati e perseguitati nel paese di adozione. Sappiamo che le donne ex-svizzere si stabilirono durante il loro soggiorno in Ticino, ma non sappiamo invece quanti cittadini elvetici provenienti dall’Italia vi si stabilirono. La loro permanenza in Svizzera fu per alcuni provvisoria, per altri permanente. Provvisorio fu il ritorno delle cittadine ex-svizzere (non delle vedove che furono «reintegrate» riacquisendo la nazionalità elvetica), che raggiunsero mariti italiani. Provvisorio o permanente fu il rimpatrio degli svizzeri che fuggirono dalla disoccupazione, dalle bombe e dalla discriminazione, a dipendenza del grado di integrazione raggiunto in Italia, rispettivamente dei contatti mantenuti in patria, nonché delle possibilità economiche e sociali presentate dai due paesi. Ogni caso presenta