Bontà e bellezza di donna/04
4.
A me xì deito che ti noni Ana;
0 Deìo, quanto me piase el tu’ biel nome!
Ti puorti dui garufuli a la banda,
E in miezo al pito dui freschite viule.
E se qualcoùn per suorto te dumauda:
Duv’astu priso quile frische viule?
L’ó prise in nel giardein de la Diana,
Duve che la miteina liva el sule.
Variante :
v . 1, Me xì sta deìto che ti ié nome Ana,
4, E in miezo al pito du* freschite ruse.
5, E se vuolte qualcoùno te dumanda.
6, Duv’avì ciulto quile frische ruse
7, L’iè ciulte nel giardein de dona Ana.
Noni, hai nome, ti chiami.
Variante veneta nel Dal Medico a p. 53, e, poco
diversa da questa, nel Bernoni, punt. VI, p. 13, cioè :
Tuti me dise che ti à nome Ana :
E cossa che me piase il tuo bel nome !
Ti porti do garofoli a la banda,
E in mezo al peto ti à do fresche rose.
Variante toscana (Tommasèo, voi. I, pag. 395,
Tigri, p. 41):
Bella ragazza, vi chiamate Anna;
Quanto mi piace lo vostro bei nomel
Voi portate un garofano da banda,
Dall’altra parte un gelsomin d’amore.
Se arriva il vostro amore e vi domanda:
Dove fu colto codesto bel fiore?
Io l’ho colto nel bel giardin d’amore,
Dove si leva la spera del sole:
Dove si leva, dove si riposa,
Voltati verso me, vermiglia rosa.
Variante siciliana (di Termini), racc. dal Vioo, a
pag. 200, ed altra, pure sicil. raccolta dal Bondicb,
in nota alla seg.:
Cui ti l’ha misu a tia ssu nnomu Ana,
Cui ti lu misi ssu nnomu d’amuri?
Mi porti lu galofaru a la banda,
Di centu migghia si senti l’uduri;
Dammilu, e poi to’ mamma m’addimatma
Di quali grasta cugghisti ’stu ciuri?
L’haju cugghiutu ’ntra lu pettu d’Anna
Unn’abita la luna ccu’ lu suli.
Cfr. anche la var. di Latronico (Basilicata), voi. Ili,
p. 141 di q. Raccolta ; e per le varianti d’altri luoghi
v. la nota alla stessa, particolarmente la variante di
Spinoso. — V. inoltre il X dei canti di Mondragone
(Terra di Lavoro), edito a pag. 280, v. II, id.; poi,
per l’uso delle donne di portar viole sul seno, uso
comune anche ad altre provincie d’Italia, confr. la
nota al III dei canti di Sturno (Principato Ulte¬
riore), a pag. 215 dello stesso voi., specialmente il
bel canto d’Airola:
Bella figliola, co’ ’ssi fiuri impietto ;
Lasciarne addorà ’sse doje viole
Poco noe sta ’no paradiso apierto;
Lasciamece trasì ’nnanzi che moro.