decisa affermazione nel distretto di Rovereto, centro principale di un complesso di territori, i Welsche Konfinen, sottoposti alla giurisdizione tirolese. La manifattura roveretana era andata specializzandosi, in particolare, nella produzione di trame e orsogli di qualità, apprezzati in tutta Europa, mentre nel vicino centro di Ala si era affermata la produzione di velluti neri e pesanti, destinati al mercato tedesco.[7]
Allo sviluppo del setificio contribuirono una serie di fattori, quali il clima favorevole alla coltivazione dei gelsi, indispensabili per l’alimentazione dei bachi, la presenza di corsi d’acqua che attraverso un sistema di canali artificiali azionavano i filatoi idraulici, e la collocazione strategica della regione lungo la principale via di transito tra Italia e Mitteleuropa. Non poco rilievo assunsero, poi, i privilegi fiscali accordati ai territori di Rovereto e Ala ai tempi della dominazione veneziana e confermati, dopo il 1509, dall’imperatore Massimiliano I. Anche il principato trentino conobbe un consistente sviluppo della produzione serica, ma la seta era prevalentemente esportata allo stato greggio, tant’è che a metà Settecento erano attivi a Trento solamente due filatoi idraulici, uno di proprietà dei Salvadori e l’altro del magistrato consolare. ItSalvadori, come molti altri mercanti-imprenditori serici, controllavano la commercializzazione del semilavorato e coordinavano il processo produttivo mediante un’accorta combinazione di Kaufsystem, Verlagssystem e produzione centralizzata.[8] Acquistavano la seta greggia da piccole filande o contadini sparsi nelle campagne circostanti e, in qualità di Verleger, anticipavano capitali e materie prime ad alcune filande, per poi collocare il semilavorato sul mercato o sottoporlo a lavorazione nei filatoi di proprietà. Lo sfruttamento della forza idraulica per la torcitura della seta imponeva un parziale accentramento delle operazioni, ma anche la trattura venne in parte concentrata in filande di proprietà, allo scopo di accrescere il controllo sulla mano d’opera e realizzare un filato più omogeneo e di qualità più elevata. Due filande, situate a Trento e a Calliano, si aggiunsero a quella di Pergine, cosicché, a metà Settecento, 48 bacinelle di trattura fornivano una quota consistente, talvolta superiore al 70-80 percento, della seta greggia lavorata nei filatoi dei Salvadori. Allo stesso tempo, la prosecuzione delle commesse a filande e filatoi esterni permetteva di rispondere in modo flessibile alle fluttuazioni del mercato.
II ricavato della vendita della seta venne a costituire una quota preponderante, pari all’80-90 percento, del volume d’affari dell’impresa. Il semilavorato, grezzo o ritorto, alimentava cospicue spedizioni alle manifatture tessili d’oltralpe, dove Krefeld, Vienna, Zurigo e Lipsia figuravano tra i principali mercati di